Fa notizia l’imprenditore italiano che è andato all’estero e ha fatto l’impresa di successo, ed è giusto che sia così, come è giusto che le startup italiane quando diventano un po’ più grandi, quindi scaleup, e trovano i finanziamenti da fondi internazionali muovano le loro sedi all’estero. Non si può essere autarchici quando si parla di imprese innovative perché esse, giustamente, colgono le opportunità dove esse meglio si esprimono. Non poche di queste imprese nate in Italia e divenute globali scelgono di non spostare proprio tutto e in un numero di casi che continua a crescere si scopre che coloro che si occupano di sviluppo del prodotto e le cui attività non sono strettamente legate allo sviluppo del business tendono a restare in Italia benché l’impresa sposti la sua sede ufficiale all’estero. Tecnicamente si chiamano dual company e stanno diventando un fenomeno comune in Europa e non solo (ne parleremo a breve analizzando i dati di una ricerca condotta in proposito da Mind the Bridge).
Ci sono però anche casi che si muovono al contrario ed è altrettanto giusto che essi facciano notizia, sia perché appunto seguono un filone evolutivo in controtendenza sia perché dimostrano che anche muovendosi nella direzione opposta si possono creare esperienze di successo.
È per esempio il caso di Buildo che si propone come un hub per programmatori e startupper aiutando anche coloro che hanno scelto di andare all’estero e che vogliono tornare in Italia potendo contare su un efficace supporto. Gli stessi fondatori di Buildo hanno seguito tale percorso.
“Nonostante si parli degli Stati Uniti come a qualcosa di simile a un paradiso terrestre – spiega Cristian Veronesi, business developer di Buildo – noi non la pensiamo in questa maniera. L’Italia è infatti una nazione con un altissimo tasso di persone brillanti, cosa che non possiamo certo dire, considerando la loro interezza, degli Stati Uniti. Questo alla luce di un sistema universitario eccellente, in particolare a Milano dove abbiamo la nostra sede principale”.
Un’ulteriore valida motivazione per essere in Italia è data dai costi che una realtà come Buildo avrebbe dovuto sostenere se fosse restata in Usa: “costi che consideriamo sproporzionati, in particolare rispetto alle skill offerte sul mercato del lavoro. Date queste caratteristiche e fatto presente che siamo molto ottimisti sul futuro economico dell’Italia, è ben chiaro perché abbiamo deciso di trasferire la nostra azienda in Italia”, aggiunge Veronesi.
La gran parte di coloro che partecipano a Buildo sono expat: i cinque fondatori vivevano a Chicago, il business developer ha vissuto in Azerbaijan, Belgio e Polonia. “Abbiamo sperimentato le difficoltà della fase d’avvio d’impresa, che, nel nostro caso, abbiamo affrontato a Chicago dove eravamo studenti di Computer science alla University of Illinois. Dopo esserci chiesti come avviare una società, scoprimmo che l’unico modo era fare leva sulle nostre competenze IT. In quel momento abbiamo avuto la fortuna di trovare uno dei nostri partner di maggiore importanza, un’azienda Italiana che si chiama Omnilab e che ha avuto fiducia nelle capacità dei cinque fondatori italiani neolaureati. Buildo si occupa principalmente di software engineering, in altre parole di sviluppo di programmi software facendo leva su risorse umane con elevate competenze e questa attività è fornita anche a startup con un modello che consente loro di realizzare i progetti rapidamente e a costi contenuti o con modelli di relazione il cui valore si crea in prospettiva.
“Molti startupper non hanno competenze di software engineering, quindi gliele forniamo e li seguiamo nella loro avventura – aggiunge Veronesi – per questo stiamo cercando sempre nuove startup con cui iniziare a collaborare. Inoltre, siamo sempre alla ricerca di software engineer con cui iniziare a lavorare. Tutte le informazioni sono pubblicate sulla pagina ‘we are hiring’ del nostro sito”.
Per Buildo è quindi parte della missione quella di offrire una concreta possibilità e coloro che hanno le competenze e che invece di andare all’estero vorrebbero restare in Italia e la società inizia anche ad avere numeri significativi, nel 2016 ha fatturato oltre 870mila euro con un utile pari a 156mila euro che verrà totalmente reinvestito in capitale sociale. L’anno precedente il fatturato era di 359mila euro con un utile di 11mila euro: “in pratica tra il 2015 e il 2016 abbiamo raddoppiato il fatturato e decuplicato l’utile”, sottolinea Veronesi. Oggi Buildo conta 16 dipendenti di cui sette sono expat rientrati in Italia, partecipa tre startup e tende a scegliere i progetti da sviluppare non solo dal punto di vista delle potenzialità del business ma anche dal gradimento che essi ricevono da parte dello staff.
Fonte:http://www.startupbusiness.it/lecture-12-building-for-the-enterprise/80772/